mercoledì



WWW.COHOUSING.IT


Si comincia a reagire all' assurdità del quotidiano metropolitano. L' agenzia per l’innovazione sociale Innosense e il Dipartimento Indaco della Facoltà di Industrial Design del Politecnico, ha aperto un sito in cui si propone un modo di condividere gli spazi privati in maniera salubre e umana, che prevede l' associazione dei 'vicini di casa' già a partire dalla progettazione degli spazi.
Fa molto piacere trovare la volontà di essere una comunità agglomerata attorno a un senso e non solo a un bisogno. Anzi, di partire dal bisogno e rielaborandolo creare realtà nuove. Il profumo dell' utopia rende il tutto molto attraente, ma questa parola forse spaventa ancora (o di nuovo?) e i cohousers milanesi si impegnano a ribadire la coerenza del progetto. Leggete qualcosa sul sito. Di questa impresa colpisce l' applicazione della scienza, della cultura a un' argomento che sa molto di fricchettone come la vita in comunità, e come l' ipotesi suggerita sia paurosamente simile alla rifondazione di una famiglia allargata, lenta, radicata nel 'suo' presente, e per questo estranea alla tentazione della velocità che degenera in frenesia e immune dal bulimico moto perpetuo del progresso. Ma forse ci crediamo solo io e pochi altri campagnoli irriducibili. Sono tentato di farmi coinvolgere, anzi mi sono già iscritto. Nonostante ci sia dietro il Politecnico di Milano, che a pelle non amo, forse questa è una strada percorribile per uscire il più sani (e presto!) possibile da quello che siamo ora come ora. Il dubbio malsano che mi perseguita è che una declinazione scientifica di una voglia di comunità, di comunione dei beni collettiva (...che voglia di paroloni che hooo...!), la pianificazione calcolata sia un' edulcorazione delle esigenze, una versione compromessa di un' alternativa radicale e totale. Sto facendo le prove da progressista, d' altronde ormai è il 9 aprile.



1 Comments:

Blogger Mezzobusto said...

In teoria la condivisione di spazi fisici e mentali è una visione della vita che mi piace, mi fa stare bene pensare di trovare gente con cui condividere le gioie (e ubriacarsi per festeggiare) o i dolori (e ubriacrsi per dimenticare). Insomma trovare gente con cui bere mi sembra molto più salubre che bermela da solo :-).
Pensare che questa condivisione sia gestita e organizzata, in particolare dal Politecnico di Milano rende tutto sicuramente meno "romantico"... Accostare il concetto di "condivisione degli spazi mentali" e quindi affetti, sentimenti o anche soltanto odio alla parola "Politecnico" fa veramente paura. Ancora più paura fa il fatto che proprio loro si siano accorti di questa necessità e vogliano realizzare un progetto come cohousing, sembra quasi una cosa fredda, da fare per forza per un principio di bene "scentifico" e quindi in qualche modo assoluto (minchia!)... ma poi pensandoci bene ti accorgi che condividere spazi con una persona vuol dire esaltazione, sangue, dolore, indifferenza, legame, affetti, gratitudine e insulti tutte cose che con il politecnico centrano veramente poco. Puo essere anche una scintilla di fuoco freddo a accendere una situazione come questa ma non penso che, una volta messa in moto, la temperatura possa rimanere sotto lo zero per molto tempo...

9:03 AM  

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