martedì

EINE KLEINE NACHTMUSIK

Una giornata rugginosa e in salita mi sta finalmente scivolando via da sotto i piedi mentre, alle 4 del mattino, sciolgo i nodi accumulati in un tipico lunedi milanese del cazzo. Quattro e un quarto, per la precisione, e quarta bottiglia di vino stappata, per fortuna è la prima da solo. Affannato, all' inseguimento di un contatto forse proficuo con una redazione in cui qualcuno si ricorda di me, tutto l' insieme di eventi parassitari di una qualsiasi vita quotidiana si disperde col fresco della notte, nel buio per le strade vuote, e viene da pensare di essere più liberi, anche se più soli. Io e il mio lavoro, che traspare tra le videogiocose manopole di photoshop, che appare, un po' più veritiero quando lo perseguo con stupida fermezza. Non conto più le ore che ho passato qui sul monitor, le sento solo un po' sulle spalle, e nonostante l' ora e l' ora della sveglia già fissata domattina, ho voglia di star su, di stare sveglio. Forse grazie all' ora stupidamente tarda per lavorare, azione passepartout che appartiene a un grimaldello etimologico capace di aprire ogni lucchetto di buon senso temperato. Mia madre, che altrimenti entrerebbe in camera preoccupata per lei e per me della mia veglia, in questo caso non arriverebbe e anziche stupirsi con un 'Mah' d' accusa inutile, mi sveglierebbe domattina con il caffè a letto e paste calde, fiera (si, ho una madre anche nel blog). E mi sta venendo voglia di non andarci proprio, a letto, come faccio, proprio ora che ho capito il senso della vita? Che è questo: sono un piccolo stolto nano geopoliticamente bastardo che ha bisogno di una missione da compiere, pena la noia, la droga, la morte, e di una ininterrotta sequela di canzoni da cantare a squarciagola tra le orecchie. Poi un po' di amici e un bel locale per tenerli tutti a bada. Un giro in macchina, una partita a bowling. Qualche momento magico ogni tanto, tipo cercare l' ultima camel e trovarne due. Due o tre feste comandate, tipo Pelago e Negroni Day. E uno shock ogni tanto. Ma non troppo tanto. Manca niente?

Comunque sia, più mi piacciono i miei post, più sono fasulli, come in quei polizziotteschi dove il genio del male semina indizi falsi ma quasi veri, praticamente veri ma falsi. Non c' è scritto niente in queste righe, frè (come si dice al plurale?). A proposito: se qualche biondo ingegnere residente a Parma si degnasse di inaugurare un blog tutto suo, potrei fare a meno di raccontarvi i fatti miei (falsi, ripeto), e potrei accontentarmi di farmi i fatti suoi. Un abbraccio al Fra. Nel frattempo son quasi le cinque, e se mi viene in mente qualche altra fregnaccia tiro fino all' apertura dei bar, mi faccio una colazione spaventosa e arrivo per primo alla posta. E ricomincia l' inutile affannarsi bla bla bla.

Audio: Jeff Buckley/Grace/Lilac Wine, e provate a non cagarvi sotto

domenica

A LI ROMANI DE ROMA

Speravo che sarei riuscito a raggirare la voglia di banalità che mi fastare tanto bene e di non raccontarci come sono stato e che cosa ho fatto visto e sentito a Roma. Ma non riesco, perchè rimettere in ordine tutto è un po' tornare in quel luogo e momento e poter così riviverlo più appieno. Volevo evitarlo perchè mi sto preparando per la "Maratona del Qui-E-Ora", uno sport assai figo anche se poco in voga, e il mio coach mi ha consigliato di non mollare proprio adesso. Ma non ce la faccio. Dunque Roma è soprattutto un' evidenza. Credi di sapere già tutto, dinamica corroborata dalle sensazioni, soprattutto i colori e le dimensioni e quando ti aggiri tra i ruderi e i palazzi del potere e le botteghe dei falegnami (ce ne sono duemila) ti senti come dietro casa tua, tanto ne sai. E' tutto vero, pensi, ma non è proprio un pensiero, assomiglia più ad un rilassamento muscolare che poi influisce direttamente sul ritmo della camminata, delle parole.Forse perchè ci ero già stato un paio di volte e a naso mi trovavo quasi sempre. Un' altra cosa che ti fa stare bene a Roma (soprattutto se vieni da Milano) sono le salite e le discese. E' figo avere il Colosseo li sotto. E' vero pero' che appena lasci il centro ti ritrovi in una città normale piena di gente normalissima, anche se abbastanza sbragata e vivace. Fuori dai bar i romaneschi vivono come colonie di pinguini sul pack, stretti e in condivisione. Pero' ridono un po' di più, anzi, ridacchiano. A parte quei sei che ho osservato per un' oretta in trattoria. Erano in pausa pranzo, auto in doppia fila e sigarette al tavolino. Sembravano quelli di Amici Miei, erano amigones, insomma. Hanno parlato di tutto: figli, governo, viabilità, figa, vino, un amico licenziato, poker, carrozzieri, abiti. Ogni tanto si alzavano a due a due e uscivano a presidiare la strada e a salutare qualche passante e lanciavano ululati e occhiate per richiamare gli amici e focalizzarli su un bel culo di passaggio. Sono cose che succedono anche a Milano ('nsomma), specialmente la gara latente a chi è "Er mejo". Solo che a Milano si gioca a rasoiate, a Roma ci si sfotte.
Mi sono riportato a casa una sensazione mista fra l' ansia di fare e il bello di godersi la vita. Già l' intro denuncia quanto strana sia sta sensazione, una sfumatura in realtà del godere nel seguire il tuo istinto, le tue voglie. Ho incontrato delle vittime della passione, gente che approfitta del luogo comune secondo cui i romaneschi sono sbruffoni e fancazzisti, e con due gocce d' angostura il gioco è fatto. Sembra che abbiano il segreto della salute, e cioè la capacità di non logorarsi oltre misura per il fatturato e di infarcire le loro vite di "voglio" e "vorrei" anziche cattolicamente fustigarsi incatenati al senso del dovere e/o di colpa (" A Roma non ci sono cattolici, i romani sono pagani". Pasolini?). Vedi www.writeup.it. Vi terremo aggiornati, voi accorrete numerosi.
Ci tengo a ricordare le serate passate con Caterina (from Sarzarra) e il suo gruppo di amici quasi tutti aspiranti attori, che è già tutto un dire. Vita di locali nei quartieri più ggiovani e festaioli, niente di strano (a parte la rivendita di assenzio e cioccolatini di trastevere, che come anticristo, mi spiace, batte anche la farinata di Bugliani) pero' mi hanno accolto come mai nessun gruppo di amici-del-tuo-amico. Probabilmente grazie a quella sfrontatezza che non teme il confronto, a una generale e diffusa fiducia (nel senso: spero bene che..) nel prossimo, zero apprensione e parecchia libertà. Tanta roba. Se poi la signorina mezza francese mezza milanese che "ha dei problemi con" Milano mi chiama davvero quando viene su, è proprio una pacchia.