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Concerti, a raffica, su due palchi. Ci vuole un fisico bestiale..Il contorno si presta e io mi offro. Ma purtroppo arrivo fiacco all' appuntamento.Risultato finale: pareggio a reti inviolate. La mia fotografia non è certo accresciuta da questa esperienza full immersion, nè il circuito indipendente italiano ha scoperto il suo cantore. Pace. La prima giornata è apposto, qualche bel set, un paio sul serio, in generale sembra tutto molto ggiusto, il secondo è più duro e ostico già nella scaletta, sgodazzo di fronte a qualche bella heavy scenetta e in massa ci concediamo il piacere di assistere a personaggii improbabili e divertenti, ma i commenti ora fanno molto 'segue dibattito'. Solo una nota di osanna per la musica dal vivo, tanta e alta.Ecco una delle verità della vita: la musica alta.
Dicevo: arrivo fiacco e svogliato. Fare foto ai musicisti ci vuole credo. In realtà vorrei essere sul palco a suonare e non sotto a spolpare una carogna non ancora famosa. Le foto non le comprerà nessuno, e lo so già, e quindo serve ancora più credo. E poi non devi lasciarti ingannare dal loro modo di fare così scanzonato(ahah) e facilone: i musicicti sono come le donne: o sono stupendi o sono dei deficienti. Infatti quando arrivano gli Yuppie Flu, "punta di diamante del nostro indie" nonostante un nome che neanche il porco, turno su'off' e vado al bar. Dopodichè mi dirigo al banchetto del mezzamigo grafico in difficoltà commerciale con la sua creatura typo-concettuale e circondato (e confortato) dal suo mezzo imbarazzo da mezzamigo-mezzo no, rollo una cannetta. Non faccio in tempo ad appicciarla e sono gia in sella alla mia nuova vecchia Mondial verde stanco passo lungo monomarcia, sprizzante vecchiezza da tutti i pori. Dovreste vederla. Non sapevo ancora che cosa mi sarebbe successo, dopo l' ho saputo.
Dopo il Magnolia c' è Forlanini Airport con l' incrocio che va o a Milano o a Segrate largo 100 mt. Altri 100 mt di parcheggi, fermate di bus, doppie corsie e linee tratteggiate, mi ha decollato anche un lear jet.
Poi c'è il Parco.
La bici diventa acqua nell' acqua e forte del suo silenzio serio fila sui vialetti in saliscendi. Solo erba e alberi, pedalo più veloce e spengo la dinamo. Ci ho in testa i più bei pezzi del giorno, in corpo una cannetta e in tasca un telefono spento. Sorpasso le panchine dritte e fredde, sfino le curve con traiettorie al ralenti, respiro con il naso fino in fondo, fin quasi a cadere dalla sella. C' è da usare tutto l' occhio, fino alla coda per vedere tutto il vuoto verde qui intorno, per sentirlo pieno del rombo in delay dei jet in decollo, per far correre la luce gialla dei lampioni fino agli angoli più storti del boschetto di faggi e mi sembra che il veee veee veee del posteriore arrivi fin là in fondo ma so che non è così. La bellezza arriva all' improvviso e non è facile disarmare per accoglierla, dismettere gli aculei antiuomo e ritornare umano. Non è facile capire il rapporto redatto dai sensi, far scivolare calzoni e camicetta e rimanere nudi nel cuore di ciò che ci accoglie.
La sensazione rara di un vuoto salutare e ricco, tensione morbida del ventre e degli arti, grazie al salubre affanno delle ruote. Affanno che non entrerà mai nella mia casa, affanno da consumare qui, tra il verde lontano, gonfio e mosso dal vento dei jumbo e l' arancione plumbeo dei lampioni maledetti e stolti. Accelerare è l' unica mossa che rimane e grazie a dio c' è una rampetta la in fondo, non prima di una curva a destra da amanti della piega, dove non toccare col pedale, dove non fermarsi coi pedali per arrivare in cima e magari saltare, come in un trophy metropolitano. Veee Veee arriviamo in cima col pantaffio, sulla metà esatta del vialone folle e violento, linfa meccanica della città di notte. Inutile e finito, eccomi li in cima al sovrappasso teso in azzurro sopra l' asfalto.
Concerti, a raffica, su due palchi. Ci vuole un fisico bestiale..Il contorno si presta e io mi offro. Ma purtroppo arrivo fiacco all' appuntamento.Risultato finale: pareggio a reti inviolate. La mia fotografia non è certo accresciuta da questa esperienza full immersion, nè il circuito indipendente italiano ha scoperto il suo cantore. Pace. La prima giornata è apposto, qualche bel set, un paio sul serio, in generale sembra tutto molto ggiusto, il secondo è più duro e ostico già nella scaletta, sgodazzo di fronte a qualche bella heavy scenetta e in massa ci concediamo il piacere di assistere a personaggii improbabili e divertenti, ma i commenti ora fanno molto 'segue dibattito'. Solo una nota di osanna per la musica dal vivo, tanta e alta.Ecco una delle verità della vita: la musica alta.
Dicevo: arrivo fiacco e svogliato. Fare foto ai musicisti ci vuole credo. In realtà vorrei essere sul palco a suonare e non sotto a spolpare una carogna non ancora famosa. Le foto non le comprerà nessuno, e lo so già, e quindo serve ancora più credo. E poi non devi lasciarti ingannare dal loro modo di fare così scanzonato(ahah) e facilone: i musicicti sono come le donne: o sono stupendi o sono dei deficienti. Infatti quando arrivano gli Yuppie Flu, "punta di diamante del nostro indie" nonostante un nome che neanche il porco, turno su'off' e vado al bar. Dopodichè mi dirigo al banchetto del mezzamigo grafico in difficoltà commerciale con la sua creatura typo-concettuale e circondato (e confortato) dal suo mezzo imbarazzo da mezzamigo-mezzo no, rollo una cannetta. Non faccio in tempo ad appicciarla e sono gia in sella alla mia nuova vecchia Mondial verde stanco passo lungo monomarcia, sprizzante vecchiezza da tutti i pori. Dovreste vederla. Non sapevo ancora che cosa mi sarebbe successo, dopo l' ho saputo.
Dopo il Magnolia c' è Forlanini Airport con l' incrocio che va o a Milano o a Segrate largo 100 mt. Altri 100 mt di parcheggi, fermate di bus, doppie corsie e linee tratteggiate, mi ha decollato anche un lear jet.
Poi c'è il Parco.
La bici diventa acqua nell' acqua e forte del suo silenzio serio fila sui vialetti in saliscendi. Solo erba e alberi, pedalo più veloce e spengo la dinamo. Ci ho in testa i più bei pezzi del giorno, in corpo una cannetta e in tasca un telefono spento. Sorpasso le panchine dritte e fredde, sfino le curve con traiettorie al ralenti, respiro con il naso fino in fondo, fin quasi a cadere dalla sella. C' è da usare tutto l' occhio, fino alla coda per vedere tutto il vuoto verde qui intorno, per sentirlo pieno del rombo in delay dei jet in decollo, per far correre la luce gialla dei lampioni fino agli angoli più storti del boschetto di faggi e mi sembra che il veee veee veee del posteriore arrivi fin là in fondo ma so che non è così. La bellezza arriva all' improvviso e non è facile disarmare per accoglierla, dismettere gli aculei antiuomo e ritornare umano. Non è facile capire il rapporto redatto dai sensi, far scivolare calzoni e camicetta e rimanere nudi nel cuore di ciò che ci accoglie.
La sensazione rara di un vuoto salutare e ricco, tensione morbida del ventre e degli arti, grazie al salubre affanno delle ruote. Affanno che non entrerà mai nella mia casa, affanno da consumare qui, tra il verde lontano, gonfio e mosso dal vento dei jumbo e l' arancione plumbeo dei lampioni maledetti e stolti. Accelerare è l' unica mossa che rimane e grazie a dio c' è una rampetta la in fondo, non prima di una curva a destra da amanti della piega, dove non toccare col pedale, dove non fermarsi coi pedali per arrivare in cima e magari saltare, come in un trophy metropolitano. Veee Veee arriviamo in cima col pantaffio, sulla metà esatta del vialone folle e violento, linfa meccanica della città di notte. Inutile e finito, eccomi li in cima al sovrappasso teso in azzurro sopra l' asfalto.
1 Comments:
olé. mezzamerda è tornato, quasi.
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