Cristina e Vladan,
Vlaiko per gli amici loro di Belgrado, stanno li come tutte le volte che li vedi insieme
Silenziosi e fumano. Secondo me pianificano di come fare a far passare un altro giorno senza documenti: Il loro bisogno è troppo forte per la mia voglia inutile di non essere cittadino di uno stato, che quindi si sfascia e mi sento un po’ in imbarazzo. Io chiederei asilo a chi mi ha bombardato? “Le bombe facevano paura, solo i primi giorni ma di notte sempre.
Per fortuna erano precisi, e i ponti di Belgrado sono ancora li grazie a Chirac“. Ma non quelli di altre città, distrutti assieme alla gente che ci stava sopra. Penso a Mostar, e ai guastatori inglesi nel Piemonte del ‘44. “Perché i ponti? Che c’ entrano i civili?” Mi trattengo un poco..
Pensano che sia morta tanta gente, ma ricordano solo una bambina, centrata dalla scheggia di una bomba mentre stava accovacciata come una gallinella sul vasino della cacca. La caserma vicino alla sua casa era deserta, tra militari ci si intende, penso, ma una scheggia ha frantumato la finestra, e la sua testa.
Ma Vlaiko continuava a lavare la sua Opel, che si era comperato grazie ad un buon posto di lavoro. Commercialista, dice, agente di commercio, venditore di abbigliamento casual in un ex paese dal socialismo versione 2.5. “Andavo anche tre volte all’ anno a fare shopping in Germania, andavo a comprare gli stivali a punta” (“ perché aveva dei capelli lunghi così, era un rocker!”), mio padre non lo sapeva, solo mia madre. E poi Svizzera, Belgio, Polonia, in Grecia 13 volte. Il Belgio è bello, tutti parlano inglese, dai 7 ai 70 anni. E’ bello viaggiare”. Poi la gente ha finito i soldi, nessuno comprava più jeans e magliette ne’ niente altro e una promessa di un lavoro qui in Italia li ha portati a Milano, in coda con altri 400mila davanti all’ ufficio postale. La promessa è rimasta una promessa. Da agente di commercio a braccia per traslochi, da insegnante a baby sitter. “Senza documenti non trovi un buon lavoro, non trovi un contratto, non trovi un affitto. Non puoi più viaggiare. Servono documenti, per fare tutto!”. “Non vediamo le nostre famiglie da due anni. Per fortuna c’è Msn, così possiamo chiacchierare e vederci con la vebcam!”. Cristina mi indica la sua città natale sull’ atlante. Sabac. E Vladan? “Anche io, stessa strada”.
Me li immagino a sgambare in val Chiavenna, con gli occhi che perlustrano la Svizzera ma coi piedi ancorati all’ Italia. Ora sono in treno verso Riccione: un nipote in arrivo dalla Serbia parteciperà ad una gara di ginnastica. Spero che abbiano una buona giornata, spero che si ricordino la cartolina.
Vlaiko per gli amici loro di Belgrado, stanno li come tutte le volte che li vedi insieme
Silenziosi e fumano. Secondo me pianificano di come fare a far passare un altro giorno senza documenti: Il loro bisogno è troppo forte per la mia voglia inutile di non essere cittadino di uno stato, che quindi si sfascia e mi sento un po’ in imbarazzo. Io chiederei asilo a chi mi ha bombardato? “Le bombe facevano paura, solo i primi giorni ma di notte sempre.
Per fortuna erano precisi, e i ponti di Belgrado sono ancora li grazie a Chirac“. Ma non quelli di altre città, distrutti assieme alla gente che ci stava sopra. Penso a Mostar, e ai guastatori inglesi nel Piemonte del ‘44. “Perché i ponti? Che c’ entrano i civili?” Mi trattengo un poco..
Pensano che sia morta tanta gente, ma ricordano solo una bambina, centrata dalla scheggia di una bomba mentre stava accovacciata come una gallinella sul vasino della cacca. La caserma vicino alla sua casa era deserta, tra militari ci si intende, penso, ma una scheggia ha frantumato la finestra, e la sua testa.
Ma Vlaiko continuava a lavare la sua Opel, che si era comperato grazie ad un buon posto di lavoro. Commercialista, dice, agente di commercio, venditore di abbigliamento casual in un ex paese dal socialismo versione 2.5. “Andavo anche tre volte all’ anno a fare shopping in Germania, andavo a comprare gli stivali a punta” (“ perché aveva dei capelli lunghi così, era un rocker!”), mio padre non lo sapeva, solo mia madre. E poi Svizzera, Belgio, Polonia, in Grecia 13 volte. Il Belgio è bello, tutti parlano inglese, dai 7 ai 70 anni. E’ bello viaggiare”. Poi la gente ha finito i soldi, nessuno comprava più jeans e magliette ne’ niente altro e una promessa di un lavoro qui in Italia li ha portati a Milano, in coda con altri 400mila davanti all’ ufficio postale. La promessa è rimasta una promessa. Da agente di commercio a braccia per traslochi, da insegnante a baby sitter. “Senza documenti non trovi un buon lavoro, non trovi un contratto, non trovi un affitto. Non puoi più viaggiare. Servono documenti, per fare tutto!”. “Non vediamo le nostre famiglie da due anni. Per fortuna c’è Msn, così possiamo chiacchierare e vederci con la vebcam!”. Cristina mi indica la sua città natale sull’ atlante. Sabac. E Vladan? “Anche io, stessa strada”.
Me li immagino a sgambare in val Chiavenna, con gli occhi che perlustrano la Svizzera ma coi piedi ancorati all’ Italia. Ora sono in treno verso Riccione: un nipote in arrivo dalla Serbia parteciperà ad una gara di ginnastica. Spero che abbiano una buona giornata, spero che si ricordino la cartolina.
3 Comments:
nano ce la devi fare! sto grigino mi annichilisce le diottrie io consiglio un bel #666666, aka grigio medio!
...sono inviperita come una merda...e poi mi butto sul tuo blog,quindi sono anche masochista...sono inviperita,perchè? ...forse perchè oggi mi sono alzata alle nove con te nel mio letto, ho passato metà della mia giornata a dipingere pareti,e l'altra metà in galleria per far quadrare una serie di cose impossibili...in un eccesso di zelo mi si era promessa una festa o un locale...ma che ne so!...odio l'ipocrisia delle serpi che mi porto in seno e sopratutto al prossimo che mi appunta per il mio comportamento,solo merda, palate e palate di merda...sono cinica e cattiva ma non ipocrita...leggerti mi fa imbestialire...sai,"chi è senza peccato scagli la prima pietra",nel caso specifico nessuno può farlo...
dice ad ANONIMO:
si, anche io ti voglio tanto bene
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